La tendenza è quella di lasciarsi le brutte esperienze alle spalle. Ma non dovremmo dimenticarcelo: subito dopo la crisi pandemica, l’iperbolico aumento dei prezzi dell’energia ha messo in seria difficoltà tantissime imprese italiane, incrementando drammaticamente il numero di fallimenti. La volatilità dei prezzi dell’energia costituisce in effetti uno dei principali fattori di rischio per chi fa impresa, e proprio per questo motivo ogni azienda – di qualsiasi settore – dovrebbe prendere in attenta considerazione la possibilità di diventare almeno in parte energeticamente autonoma. Non si parla peraltro unicamente di tagliare i costi della bolletta e di guadagnare stabilità: puntare sulle energie rinnovabili in azienda significa fare un buon investimento per il presente e per il futuro, vuole dire ridurre in modo deciso il proprio impatto ambientale nonché, ovviamente, poter dare il via a una transizione energetica aziendale con ottime ricadute sul piano della visibilità e della conquista di nuovi clienti. Questo perché le aziende green attirano un maggior numero di lead e, successivamente, riescono ad aumentare il livello di fidelizzazione. A rendere ancora più appetibile l’idea di installare in azienda in impianto per l’energia rinnovabile è poi arrivato il tanto atteso piano Transizione 5.0, che assicura incentivi fino al 45% del costo per gli impianti di autoproduzione di energia da rinnovabili destinata all’autoconsumo. Vediamo più nel dettaglio quali sono le spese incentivabili con il piano Transizione 5.0 e quali sono le percentuali incentivate.

Gli interventi ammessi: ci sono anche gli impianti fotovoltaici

Di cosa si parla nel concreto quando si cita il piano Transizione 5.0? Si fa riferimento al decreto Legge Pnrr (D.L. n. 19/2024) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo 2024, e in particolare all’articolo 38, che va per l’appunto a regolare l’agevolazione. Il piano Transizione 5.0 mette a disposizione delle imprese italiane la bellezza di 6,3 miliardi di euro allo scopo di incentivare l’efficientamento dei loro processi produttivi, di ridurre i consumi energetici e di orientare le imprese verso la sostenibilità e lo sviluppo green. Insomma, dopo tante parole, arriva una misura effettivamente volta a finanziare la transizione energetica delle imprese italiane.

Vediamo nello specifico quali sono le spese che possono essere incentivate tra il 2024 e il 2025 con i fondi messi a disposizione del piano Transizione 5.0. Si parla di:

  • L’acquisto da parte delle imprese di beni strumentali materiali o immateriali 4.0 (con 3,78 miliardi di euro allocati a questo scopo);
  • L’acquisto di beni necessari per l’autoproduzione e l’autoconsumo da fonti rinnovabili, eccezion fatta per gli impianti a biomassa (con un totale disponibile qui di 1,8 miliardi di euro)
  • Infine, delle spese per la formazione del personale in competenze per la transizione verde (qui si contano fondi per 630 milioni di euro)

Per quanto riguarda gli incentivi per i beni strumentali materiali o immateriali 4.0, è necessario che questi portino a una riduzione minima dei consumi della struttura ricettiva del 3%, oppure del 5% guardando ai soli processi interessati. Nel caso dell’acquisto e della messa in opera degli impianti di energia rinnovabile, non ci sono soglie da tenere in considerazione. È però bene sapere che, per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, possono essere incentivati solamente quelli censiti dal nuovo registro relativo ai moduli Made in EU ad alta efficienza.

Cosa vuole dire tutto questo? In realtà la questione è abbastanza semplice, poiché nel registro ci sono 3 categorie di pannelli:

  • moduli prodotti in UE con efficienza a livello di modulo di almeno al 21,5%;
  • moduli prodotti in UE con un’efficienza a livello di cella di almeno al 23,5%;
  • moduli prodotti in UE con celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’UE, con un’efficienza di cella almeno al 24%:

Va sottolineato che il piano Transizione 5.0, per la seconda e terza categoria, riconosce un incentivo maggiorato. Si parla infatti di spese che concorrono a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari al 120% del loro costo nel primo caso e al 140% nel secondo caso.

Le percentuali incentivate dal piano Transizione 5.0

Vediamo ora quali sono le percentuali concretamente incentivate dal piano Transizione 5.0. Ci sono 3 tipologie differenti di credito d’imposta, in base alla spesa sostenuta; ogni scaglione presenta poi delle possibilità di maggiorazione in base alla conseguente riduzione dei consumi energetici.

Ecco quindi le percentuali incentivate:

  • il 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • il 15% del costo, per la quota di investimenti compresa tra i 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro;
  • il 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro.

Per quanto riguarda invece le maggiorazioni, c’è un incremento del 5% (e quindi rispettivamente fino al 40%, al 20% e al 10%) per gli interventi che comportano una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva superiore al 6% o, in alternativa, una riduzione dei consumi dei processi interessati dall’investimento superiore al 10%; e un incremento del 10% (e quindi rispettivamente fino al 45%, al 25% e al 15%) nei casi in cui il taglio dei consumi superi il 10% per lo stabilimento o il 15% per i processi interessati.

Non va infine trascurato il fatto che per le PMI, visto l’obbligo di certificazione e i relativi costi, c’è il riconoscimento di un ulteriore credito d’imposta fino a 10.000 euro.

Da quando è possibile presentare domanda

Il piano Transizione 5.0 è già in vigore: si attende unicamente un decreto attuativo da parte del Mimit – che dovrà essere emanato entro il 2 aprile 2024 – per la definizione degli ultimi dettagli, quali per esempio le modalità di trasmissione delle richieste, i criteri per determinare l’effettivo risparmio energetico ottenuto e via dicendo.

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