Chi ha seguito tutto l’iter di elaborazione del Decreto Comunità Energetiche ha vissuto con una certa soddisfazione l’approvazione del testo da parte della Commissione Europea, che è arrivata dopo l’annuncio dello scorso 22 novembre del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Ma qual è la situazione dopo questa – a lungo sospirata – approvazione? Per prima cosa, vogliamo chiarire due cose: prima di tutto, che l’entrata in vigore del Decreto è ancora da venire; in secondo luogo, che il testo approvato non porta automaticamente né alla decorrenza dei termini per l’avvio delle CER di cabina primaria, né tantomeno all’erogazione dei contributi del PNRR per i comuni sotto i 5.000 abitanti, né di conseguenza alla liberazione dei contributi regionali. Anticipato questo, possiamo presentare quelle che sono le novità per il 2024 dopo l’approvazione del decreto, subito dopo avere presentato – per i non addetti ai lavori, per i distratti e per chi inizia adesso a interessarsi a questi temi – la differenza tra comunità energetiche e gruppi di autoconsumo collettivo, indispensabile per capire le nuove regole e i nuovi incentivi.

La differenza tra comunità energetiche e gruppi di autoconsumo collettivo

Promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili e sostenibili, velocizzare il processo di decarbonizzazione e di transizione energetica, ridurre l’impatto ambientale e assicurarsi un risparmio economico a lungo termine: questi sono gli obiettivi principali delle comunità energetiche come anche dei gruppi di autoconsumo collettivo. In entrambi i casi si parla della produzione collettiva di energia sostenibile, ma le similitudini finiscono qui. La comunità energetica è infatti un gruppo di privati, di imprese, di enti o di persone fisiche che si costituiscono in una forma giuridica appositamente per produrre e quindi condividere energia elettrica; il gruppo di autoconsumo collettivo, invece, trova spazio all’interno del medesimo edificio o condominio, contraddistinto da una pluralità di utenze, che però scelgono di passare dalla condizione di consumatore a quello di prosumer.

Detto questo, in Italia attualmente esistono – stando all’Electricity Market Report 2023 dell’Energy&Strategy School of Management Politecnico Milano – circa 85 realtà di autoconsumo collettivo, ovvero 61 gruppi di autoconsumatori e 24 comunità energetiche. Calcolando anche le iniziative in fieri si arriva a un totale di quasi 200 realtà. Stando al medesimo rapporto, con incentivi e finanziamenti del PNRR si potrebbe arrivare all’installazione di ben 7 GW nel giro di soli 5 anni. Potenza che potrebbe essere l’espressione di tantissime piccole comunità energetiche come di pochi ma grandi impianti condivisi. Ma passiamo al testo del decreto!

Le novità del Decreto CER per il 2024: una sintesi

È possibile dire che il decreto CER – Comunità energetiche rinnovabili – si concentra in particolar modo su due misure. Da una parte si parla infatti della tariffa incentivante sull’energia prodotta in modo sostenibile e condiviso, dall’altra del prezioso contributo a fondo perduto.

Vediamo quali sono i punti principali del decreto, per poi approfondire gli aspetti più importanti:

  • La scadenza per il finanziamento è fissata per la fine del 2027
  • La potenza finanziabile è complessivamente di 5 GW
  • Il fondo perduto di cui si è accennato è previsto per le comunità energetiche che verranno realizzate in comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, a coprire fino al 40% dei costi. A finanziare questo fondo perduto entra il gioco il PNRR con 2,2 miliardi, mirando così facendo a realizzare almeno 2 GW di impianti.
  • Per l’incentivo in tariffa è previsto un budget da 3,5 miliardi di euro
  • Il periodo di diritto alla tariffa incentivante è di 20 anni

I requisiti di base per gli incentivi

Di quali fonti energetiche si parla per la costituzione delle comunità energetiche finanziabili? Da questo punto di vista non si sono posti limiti, purché di energia rinnovabile si parli: ecco allora che certamente gli incentivi sono a disposizione per il fotovoltaico, ma anche per l’eolico, per l’idroelettrico e per le biomasse. In nessun caso la potenza del singolo impianto può superare la soglia di 1 MW.

Guardando alle caratteristiche delle comunità energetiche rinnovabili, queste potranno essere costituite da gruppi di cittadini, ma anche di condomìni, di imprese (micro, piccole e medie), di enti locali, di associazioni, di cooperative e via dicendo. La natura dei soggetti che costituiranno una CER porterà va detto ad alcune conseguenze: nell’eventualità di un superamento di predeterminate soglie di condivisione dell’energia, il decreto prevede che i benefici economici vengano distribuiti tra i membri della comunità, ma non tra le eventuali PMI presenti.

La costituzione della Comunità energetica rinnovabile

Come si costituirà una CER? Ci sono diversi step da affrontare. Semplificando questo percorso, tutto parte dall’individuazione del luogo in cui realizzare l’impianto di energia rinnovabile – che come si è visto può essere di varia natura – e quindi della cabina primaria. Si può quindi passare a questo all’aspetto burocratico, ovvero alla costituzione della comunità mediante sodalizio che punti a benefici condivisi di carattere ambientale, economico e sociale.

Il ruolo del GSE

A gestire le CER sarà il GSE, il quale è chiamato prima di tutto a valutare i requisiti di accesso agli incentivi, e poi a erogarli alle varie comunità riconosciute. Come riportato sul sito dello stesso Gestore dei Servizi Energetici, “i contributi economici spettanti alle configurazioni ammesse, sono riconosciuti per ciascun impianto di produzione la cui energia elettrica rilevi per la configurazione, per la durata di 20 anni a partire dalla data di decorrenza commerciale dell’impianto di produzione ovvero dalla prima data per cui l’energia di tale impianto rileva ai fini della determinazione dell’energia elettrica condivisa”.

Le tariffe

La tariffa dell’energia si costituisce in una parte fissa (che viene predeterminata in base alla taglia dell’impianto) e da una parte variabile, la quale può aumentare o diminuire in base ai prezzi stabiliti dal mercato energetico.

Nel caso di un impianto di potenza compresa tra i 200 kW e i 600 kW, per esempio, la tariffa (detta premio) si calcola con questa formula:

Tariffa premio = 70 + max (0; 180 – PZ)
La sigla PZ indica il prezzo donale orario dell’energia elettrica

Nel caso di un impianto di potenza superiore si somma con 60 in luogo di 70, mentre per un impianto di potenza inferiore si somma con 80. Va inoltre detto che la tariffa premio viene corretta anche in base al diverso livello di insolazione, con 4 euro / MWh in più per le regioni del Centro e 10 euro /MWh per le regioni del Nord.

L’accesso al finanziamento del 40% a fondo perduto

Chiudiamo precisando le scadenze per accedere al contributo del 40% a fondo perduto del PNRR. Questo è da riconoscere alle sole comunità energetiche rinnovabili che risultano già costituite alla data di presentazione della domanda, con la data di avvio dei lavori che deve invece essere successivo. Le CER dovranno in ogni caso essere in funzione entro giugno 2026, con i contributi riconosciuti non oltre la fine del 2025. Sono inoltre previste diverse fasce per il riconoscimento del contributo, ovvero:

▪ 1.500 €/kW, per impianti fino a 20 kW
▪ 1.200 €/kW, per impianti di potenza tra 20 kW e 200 kW
▪ 1.100 €/kW per potenza superiore tra 200 kW e 600 kW
▪ 1.050 €/kW, per impianti di potenza tra 600 kW e 1.000 kW

Per capire altri aspetti, come per esempio quali saranno le spese ammissibili da sostenere dopo l’avvio dei lavori, è necessario attendere le regole operative.

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